Progetto di concorso
Il cimitero può essere considerato una città murata caratterizzato da un proprio tessuto, da strade, da piazze, da bastioni, da porte di ingresso alla “città dei morti”; insomma sono presenti molti degli elementi che ne definiscono l’essere un fatto urbano di importanza non trascurabile. All’interno del perimetro murario si estende un tessuto densamente abitato, ma a differenza della “città dei vivi”, dove si attestano sul fronte strada elementi di edilizia “minore” e pochi elementi singolari (la cattedrale, il palazzo della civitas, ecc.), qui il rapporto si inverte. Ciò è dovuto al tema della memoria del singolo, o al massimo della famiglia; una città dunque costituita da un’infinità di templi singolari, alcune volte non messi in relazione, e che portano alla memoria un arco temporale di al massimo un secolo. Gli unici monumenti collettivi, all’interno del cimitero, sono i monumenti ai caduti, che reintroducono il tema collettivo e della memoria estesa alla civitas dell’urbs. Questo progetto ha l’obbiettivo di invertire questo fenomeno proporzionale, andando a realizzare una “città dei morti” dove l’elemento collettivo della memoria di una società risulti essere preponderante sulla memoria del singolo individuo. Il progetto di architettura dunque pone in relazione i defunti introducendoli in un sistema unico, dove la serialità e la ripetitività dei fronti contribuiscono da un lato a definire gli elementi urbani e dall’altro a far predominare l’elemento collettivo. Il progetto prevede la disposizione in sequenza di tre luoghi urbani (tre piazze); la prima, a pianta quadrata, alla quale si ha acceso da un’ampia porta di ingresso sorretta da due monoliti, è tematizzata da un portico a doppia altezza e da un cappella crematoria, che trova il suo sviluppo dietro l’elemento murario. Da questo si apre una nuova porta sempre sorretta da bastioni che portano alla seconda piazza; anche questa porticata su due dei quattro lati e con al centro due ampi spazi verdi per la dispersione delle ceneri: questi spazi sono idealmente delimitati da otto tombe di famiglia. L’ultimo luogo urbano è un parco “romantico” dove le specie arboree, densamente disposte, creano una sensazione di un’area verde non “umanizzata”. Tutto intorno un muro delimita lo sviluppo degli arbusti e contiene al suo interno un’ossario degli uomini che hanno fatto la comunità. Il muro trova nella sua ripetitività un elemento importante del progetto e definisce la scena urbana all’interno dei luoghi del cimitero; inoltre esso crea un segno forte per la riconoscibilità delle mura all’interno di un sistema territoriale più ampio. L’ornamento del muro è reso dalle colonne addossate ad esso che creano il ritmo che contribuisce a definire il carattere della cotruzione. All’interno dell’elemento murario, che si libera così dalla funzione, possono trovare sviluppo diverse attività commerciali, gli uffici o l’ossario; dunque le tematiche urbane predominano su quelle della destinazione d’uso. Lo stesso modulo si ritrova nella parete muraria dove sono disposti i loculi; qui il ritmo è scandito da una sequenza di colonne in acciaio che sorreggono un doppio portico utile a chi viene a commemorare i propri cari. Tutti i loculi sono tamponati da una parete in mattoni e da lastre di marmo bocciardato bianco dove viene scritto il nome del defunto con rame colato nelle lettere incise nella pietra. L’elemento d’architettura scandisce una serie di nomi che vengono messi in relazione dal sistema architettonico e che trovano nel rigore e nell’essenza del luogo la parità di tutte le persone di fronte alla “vita che verrà”. La stessa situazione si può ritrovare nell’ossario dove le urne sono incastonate all’interno della massa del muro. In questo luogo si accede da una sequenza di porte e la relazione tra i defunti sarà ancora più forte poiché porta ai vivi i ricordi dei legami intrapresi nella vita terrena dai propri cari facendo così diventare il dolore non dei singoli, ma ponendolo in relazione con gli altri. Le otto tombe di famiglia sono rigorosamente tutte uguali e sono realizzate in laterizio. La copertura è sorretta da quattro pilastri massivi che inquadrano la parete muraria con all’interno le salme. In queste composizioni architettoniche si è eseguita una sottrazione di elementi della figura solida d’origine; gli elementi così ottenuti definisco gli estremi e i margini del giardino delle ceneri. Tombe familiari senza nome e senza nobiltà assumono il significato di monoliti massivi della comuntà: esse sono il pilastro della memoria collettiva che si manifesta nel carattere rigoroso e sobrio della costruzione. Il giardino “romantico” evoca la predominazione della natura sull’essere momentaneo dell’uomo e la libertà in cui è lasciato svilupparsi il verde nelle sue differenti specie botaniche fa compiere un parallelismo alla diversità e alla pluralità dell’essere umano non riducibile a schematizzazioni e semplificazioni. Le uniche schematizzazioni a cui si può ridurre l’uomo sono legate alla sua struttura e alle proporzioni dello scheletro che sono stati gli elementi di confronto per realizzare un’architettura dell’eternità, a-temporale e a misura d’uomo. Il giardino “romantico”, spazio dove sarà possibile allestire mostre temporanee, è chiuso, nella sua parte centrale, da una parete in acciaio e vetro dove i tre serramenti sono stati disegnati a forma di croce per rimandare la metafora della crocifissione di Gesù e dei due ladroni. Questa apertura rivolta verso il paesaggio agrario è posta in asse con l’entrata, anch’essa sempre tripartita da una struttura trilitica, in acciaio con inciso nella parte superiore le parole: la via, la verità, la luce (Cit. Vangelo – Giovanni 14:6). L’entrata e l’uscita sono dirette verso l’orizzonte della natura e dunque verso l’infinito. Il cammino è accompagnato da una struttura di travi e pilastri in acciaio dove il verde rampicante diventa l’ornamento variabile sulla struttura immortale dell’architettura. Una volta Aymonino ha scritto: “Gli elementi costruttivi della mia architettura, che oltre ai percorsi sono le figure geometriche del cubo, del parallelepipedo, del cilindro, ecc. divengono nel tempo delle vere e proprie “fissazioni” architettoniche, come accade in ogni altro mestiere che si rispetti e che tenda a diventare riconoscibile. Fissazioni alle quali commisurare, costringendola, la materia dell’architettura (e non i materiali). Per questo negli ultimi progetti i materiali sono sempre più poveri – di varietà, e non di qualità – riscattati dalla varietà e qualità della materia (i percorsi, le figure geometriche, i rapporti urbani) nelle sue diverse e possibili combinazioni”. In questo progetto sono stati impiegati solamente tre materiali: l’acciaio, il laterizio, e il marmo bianco. Materiali “semplici” e tecniche costruttive consolidate portano la concentrazione verso la sobrietà del luogo e rendono i costi di gestione e manutenzione ridotti al minimo.